Donatello

La scultura raffigura l’ uomo da vari punti di vista e con una grande espressività. L’ uomo è collocato nello spazio con una decisiva armonia. Gli scultori recuperano il mondo classico, rielaborano i soggetti mitologici e sottolineano l’ equilibrio delle statue. Inoltre nasce lo Stiacciato: tecnica scultorea che utilizza un rilievo più basso del bassorilievo. Uno dei più grandi protagonisti della scultura del ‘400 è Donatello, ha studiato nel laboratorio del Ghiberti, collega di Brunelleschi ha anche lavorato con Luca della Robbia. Questo eccezionale scultore descrive la realtà con realismo e sintetizza le storie monumentali in un episodio. Donatello introduce anche la prospettiva nelle scene scultoree, ha utilizzato vari materiali quali: marmo, bronzo, legno. I critici ricordano una sua frase: “Se così facile fosse a fare come a giudicare”.

DAVID

Donatello: “David” XV sec. 158 cm. Museo del Bargello (Firenze)

Donatello ha realizzato il David per i committenti della casa Medici. Questa statua a tutto tondo è stata creata con la tecnica a cera persa. Questa tecnica consiste nell’ immergere la cera su un calco, successivamente il modello veniva ricoperto da un ulteriore strato di argilla. Il calco era fornito di un sistema di canali per consentire il deflusso della cera quando il modello veniva cotto. La cera fusa lascia libera un’ intercapedine nella quale si mette la lega di bronzo fusa. La statua tralascia gli ideali medievali (allungamento delle figure) riprendendo, invece, nella posa alcuni elementi antichi, risultando comunque abbastanza originale. La scultura rappresenta il David soddisfatto dopo aver ucciso il gigante Golia. La scultura esprime drammaticità: la testa di Golia è collocata sotto i piedi di David.

La statua simboleggia il trionfo della ragione sulla forza e sull’irrazionalità, del dio Mercurio (i calzari alati), dio dei commerci che decapita Argo: il gigantesco uomo dei cento occhi.

David è raffigurato in piedi, con un insolito cappello a punta decorato da una ghirlanda di alloro. I capelli sono lunghi e sciolti, il volto rivolto leggermente verso il basso è soddisfatto. Il corpo è nudo, a parte i calzari che arrivano al ginocchio, ed è mollemente appoggiato sulla gamba destra, mentre la sinistra è poggiata sulla testa del mostro sconfitto, il gigante Golia. Nella mano destra tiene la spada abbassata e in quella sinistra, appoggiata sul fianco, nasconde il sasso con cui ha stordito il rivale. La base è composta da una ghirlanda circolare appoggiata orizzontalmente. La luce dona un forte effetto sul bronzo.

GIUDITTA E OLOFERNE

Donatello: “Giuditta e Oloferne” XV sec. Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio (Firenze)

Il gruppo bronzeo rappresenta Giuditta che dopo aver ridotto Oloferne in stato di ubriachezza si appresta ad ucciderlo decapitandolo. Nel basamento sono collocati tre bassorilievi con angioletti vendemmianti e scene di ebbrezza per sottolineare lo stato di Oloferne. Agli angoli del cuscino sono posizionati 4 fori rotondi poichè il gruppo statuario era probabilmente usato come fonte da vino. L’ opera è fusa in 11 pezzi con tecnica a cera persa. Il panneggio di Giuditta è stato modellato separatamente con un panno impregnato di cera.

Giuditta per salvare la propria città di Betulia in Palestina, assediata dalle truppe assire di Oloferne, si reca nella notte nella tenda del condottiero nemico e dopo averlo fatto ubriacare lo decapita, lasciando l’esercito avversario senza guida e costringendolo alla ritirata. L’episodio simboleggia la vittoria della virtù sul vizio. Vi si poteva leggere uno scontro personificato tra la virtù dell’ amor proprio che vince il peccato di Superbia. L’opera non venne concepita per un punto di vista predeterminato, anzi un fitto intreccio di rimandi invita a girare attorno per osservarla da tutti i lati. Le due figure sono trattate dallo scultore in maniera quasi opposta: Oloferne è modellato secondo le regole dell’anatomia, mentre Giuditta interamente coperta dalle vesti sottolinea la sua santità.

Nell’opera la narrazione drammatica si concilia con la resa scultorea impostata su criteri prospettici. La struttura è racchiusa in una piramide, culminante nell’intenso volto di Giuditta e nella lama della sciabola nell’atto di sferrare il colpo mortale.

IL BANCHETTO DI ERODE

Donatello: “Banchetto di Erode” XV sec. stiacciato in bronzo dorato 60×60 cm. Battistero di Siena

La rappresentazione è ordinata secondo la prospettiva lineare, con un punto di fuga al centro della rappresentazione. Il centro è sgombro, con i personaggi che si dispongono attorno al tavolo secondo linee diagonali, creando un effetto di vibrante dinamismo.

La formella mostra tre momenti del banchetto narrato dai Vangeli di Matteo e Marco. Secondo i testi Erode conviveva con Erodiade, moglie del proprio fratellastro, suscitando scandalo. Rimproverato per questo adulterio da Giovanni Battista, lo fece rinchiudere in carcere. Più tardi durante il banchetto, venne conquistato dalla danza di Salomè, la giovane e bella figlia di Erodiade, e le promise in premio tutto quel che avesse desiderato. Salomè allora, istigata dalla madre, chiese la testa del Battista. Erode ordinò che fosse decapitato e che la sua testa fosse consegnata a Salomè.

Il rilievo di Donatello è organizzato su tre piani con una successione di archi sulle pareti. Nei pilastri che sostengono gli archi sono infissi dei pali, la cui funzione spaziale è di grande importanza, determinando le direttrici della costruzione spaziale; con minuscole crepe Donatello costruì la griglia della mattonatura, di grande realismo illusionistico. La luce è concentrata al centro. Il rigore prospettico è evidente. Nell’arco centrale si vedono dei musici che alludono alla danza di Salomè appena conclusa. All’interno dell’arcata si vede il servitore che mostra la testa del Battista. In primo piano invece si svolge l’azione principale, con un soldato-servitore che mostra sopra un vassoio la testa di S. Giovanni decapitato. Erode, all’estrema sinistra, si scansa inorridito da questa visione, come mostra eloquentemente il suo volto e il gesto di aprire i palmi delle mani. Anche i suoi commensali sono sconvolti dalla visione (il commensale al centro a destra si copre gli occhi con la mano), mentre Erodiade si avvicina al marito e con un gesto del braccio cerca di convincerlo della giusta punizione da lui inflitta a Battista.

IL CONCORSO DEL 1401

Nel 1401 venne indetto a Firenze un concorso per la realizzazione di una nuova porta bronzea formata da 28 formelle per il Battistero. Il tema proposto è “Il Sacrificio di Isacco” da svolgere a rilievo entro una formella quadrilobata . La scena raffigura Abramo nell’atto di sacrificare il figlio sull’altare. L’ angelo interviene per fermarlo e per sacrificare l’ariete al posto di Isacco, inoltre sono presenti due servitori con l’asino. Le formelle di Lorenzo Ghiberti, vincitore del concorso, e di Filippo Brunelleschi sono state conservate. Il confronto tra le due opere è significativo.

IL SACRIFICIO DI ISACCO DEL GHIBERTI

Ghiberti: “Sacrificio di isacco” XV sec. Museo del Bargello (Firenze)

Nella formella del Ghiberti la composizione si inserisce armoniosamente all’interno della cornice. La scena si svolge in uno spazio unitario ed il richiamo all’antico dà luogo alla figura di Isacco. Si intravede una nuova attenzione all’arte classica nella figura di Isacco e nell’altare con foglie d’acanto. La composizione è abbastanza equilibrata. I personaggi sono collocati a sinistra e a destra della roccia centrale che divide i servitori dal tragico momento del sacrificio.

IL SACRIFICIO DI ISACCO DEL BRUNELLESCHI

Brunelleschi: “Sacrificio di Isacco” XV sec. Museo del Bargello (Firenze)

Le figure in primo piano valicano i limiti della cornice e quella dell’asino occupa gran parte dello spazio, assumendo una posizione criticabile. La scena si frammenta in una serie di episodi indipendenti che esaltano la drammaticità dell’evento principale: il sopraggiungere dell’angelo a fermare il gesto di Abramo. Il riferimento al mondo classico si intravede nella figura del cavaspino in primo piano a sinistra. La versione di Brunelleschi è più drammatica infatti Abramo piega con violenza il collo di Isacco mentre l’angelo ferma la mano. A differenza di Lorenzo Ghiberti, Filippo Brunelleschi punta tutto sulla drammaticità della scena e l’intensità dei sentimenti: l’angelo giunge in volo a fermare il braccio di Abramo che per ubbidire a Dio sta puntando il coltello sul collo di Isacco. Sembra quasi potersi udire il grido disperato di Isacco.